lunedì 22 giugno 2015

PRIGIONE IN PILLOLE




  • tutto è bianco ed azzurro, i colori del terrorista israele. Nemmeno l’area aperta, è aperta. Sulle nostre teste un tetto fatto di sbarre, che ci fanno intravedere il cielo e il sole. C’è un gruppo di piccioni che entrano ed escono da alcuni buchi della gabbia/tetto. Io cammino avanti ed indietro tutte le sere ed ogni volta che cammino un piccione spicca il volo basso che quasi facciamo un frontale. Dico alle donne “vedete? Quello è un idiota, ma è libero.”
  • e’ mattina e sto fumando nell’uscita mattutina, seduta per terra nella gabbia/giardino. Alzo gli occhi per vedere il cielo e vedo, invece, un soldato israeliano che cammina sul tetto/gabbia controllando non si capisce bene cosa. Inizio a ridere... una guardia davanti a me mi guarda e non capisce, così divento esplicita: “che cazzo sta facendo il tuo collega là sopra? Controlla se Hamas c’ha appoggiato un razzo?”. “Stai zitta o ti sbatto in isolamento”.
  • le porte delle celle sono di ferro, pesanti e spesse, di colore azzurro. Queste porte vengono sbattute con tutta la forza possibile, ogni volta che entrano per fare un’ispezione. E’ un suono che ti rimbomba nello stomaco e ti rimane in testa per sempre.
  • Fanno le ispezioni 4 volte al giorno, delle quali una di notte. Avvisano urlando nel corridoio. Quindi, tu sai, che quando apriranno la porta della tua cella devi alzarti in piedi e stare ferma davanti alla tua brandina. Uno di loro entra con un bastone di legno, di 8 cm circa di diametro e lungo 2 mt. Attraversa la stanza e picchia il bastone sulla parete opposta. Poi esce con gli altri che spuntano su un foglio il numero della camera.
  • sia che sei musulmano, cristiano od ebreo, nella prigione di Givon non c’è un luogo per pregare. Amen.
  • la prima cena a Givon arrivo alla distribuzione con il mio vassoio di plastica e il mio cucchiaio (forchette e coltelli non ci sono). Chi serve il cibo lo serve con le mani, senza posateria. Guardo... “che cazzo è quella roba?” “spaghetti italiani”... “no scusa, io sono italiana, a me su sta roba per il culo non mi prendi. dammene solo una manciata. Grazie”
  • mi hanno tolto l’unico libro che avevo “Jose Saramago, il vangelo secondo Gesù Cristo”. Mi hanno tolto il tabacco e la macchinetta per le sigarette perchè dicevano che potevo metterci denro della droga. Il giorno dop entrano altre due donne, una è ebrea-filippina e l’altra anch’essa filippina. Entrambe hanno tabacco e macchinetta. Allora chiedo alle altre...perchè a me l’hanno tolto e mi rispondono “perchè tu dici di venire dalla Palestina”. Un’altra donna mi dice “ a me hanno tolto le foto dei miei figli”.
  • il primo giorno che sono a Givon si è aperto con una che si è sentita male, è svenuta mentre fumavamo perchè l’avevano appena presa, il figlio per non farsi prendere era saltato giù dal terzo piano e lei non ne aveva notizie. Passano i minuti e non arriva nessun medico, ci siamo solo noi lì attorno a bagnarle il viso con l’acqua. Così alzando la voce alla guardia le dico “dove cazzo è il dottore? Se era un’infarto era già morta” guardia.. “ sei una manager? No, e allora taci”. Mia risposta “sono una persona, come lo è qusta qua che sta male” e allontanandomi a bassa voce “nazista del cazzo”.Cosa sono le manager? Le manager sono prigioniere che controllano tutto in prigione e lavorano per i carcerieri.
  • Un giorno una filippina che sorrideva sempre ha raggiunto la libertà, o almeno così pensava. Era a Tel Aviv e lavorava con permesso scaduto. Il suo padrone, israeliano, l’ha fatta lavorare come una schiava per 10 anni ed ora era arrivato il momento di pagarla. Gli aveva pagato solo gli ultimi due anni di lavoro. Quel gorno quando uscì, andò con l’avvocato in tribunale per riavere i soldi degli altri 8 anni. Non le pagarono un cazzo, lei pagò l’avvocato con gli unici soldi che aveva ricevuto (quei due anni di lavoro) e fu spedita nelle Filippine con un volo un’ora dopo. 10 anni della sua vita nel cesso.
  • guardavamo la tv, alla sera, specialmente canali esteri dei quali non capivamo la lingua, ci ridavamo su e commentavamo le immagini. La mia compagna di cella si era accorta che volevo sentire le notizie (non gliel’ho mai chiesto). Una sera ad un telegiornale sionista fanno vedere un pezzo di video di soldati israeliani che attaccano un uomo, a Jalazoune (Ramallah). Riconosco vicino a loro il fotografo Jihad Qade. Mi scendono le lacrime nel vedere da quel luogo, quella situazione nella quale mi sono trovata tante volte. Vederla da spettatrice, vedere persone che conosco. E non esserci perchè in prigione.
  • i letti sono a castello. Tavole di ferro con un materassino di 3 cm. Già dopo la prima notte sono tutta rotta, ho male dappertutto, mi fa male il seno dove mi hanno sparato. Io dormo sotto e, così com’era stato alla prigione di Ben Gurion, leggo le scritte sul letto sovrastante lasciate da chi c’era prima di me: “sono moldava...data...nome” “sono etiope...voglio la libertà”. 
  • le pareti delle prigioni sono muri orrendi, cercavo di leggere tutte quelle scritte... a Ben Gurion: “fanculo israele, Palestina libera” “ho bisogno di vedere il sole”. A Givon: “dicono che questa è la terra santa, ma qui israele sta facendo l’olocausto”.
  • mi hanno portato all’aereo dell’El Al come una crminale, direttamente all’entrata dell’aereo con la macchina blindata della polizia israeiana. Quando sono salita, erano tutti israeliani, è iniziata una protesta perchè alcuni passeggeri non mi volevano. Ho il posto vicino ad una giovane coppia israeliana. Quando mi avvicino per sedermi, lei dice a lui.. “oh no, è vicino a noi..”. Un’ora dopo la giovane israeliana deve passare per andare al bagno e non ha il coraggio di chiedermelo, me lo chiede il suo compagna. Sono minuti pesantissimi da far passare. I passeggeri che camminano nel corridoio mi guardano in faccia come se fossi un mostro, come se fossi io il mostro. 
  • Arrivo a Fiumicino e ad attendermi sulla porta dell’aereo c’è la polizia italiana che mi dice “ ben arrivata, deve venire con noi”. Dovevano fare solo un report per la Farnesina che ero arrivata. Un poliziotto mi accompagna a prendere la valigia, ma guardacaso è sparita. La ritroverà mezz’ora dopo, non so dove. Mi porta a fare dogana della valigia, ma la dogana a quell’ora è chiusa. Siamo al terminal 3, sono tutti con le mascherine e nell’aria c’è un’odore irrespirabile. Il poliziotto telefona per far venire qualcuno all dogana per me. Alle mie spalle escono fiumi di persone senza far controllo bagagli. Questo poliziotto chiede ad un altro poliziotto che c’è lì “ma tutti questi escono senza controllo della dogana a quest’ora? e l’altro “sì, infatti a quest’ora passano fiumi de coca....”. A me, devono fare la dogana, a me che esco da una prigione dove sono in quella giornata ho già fatto 5 controlli.......
  • fuori ad attendermi ci sono i miei amici che sono stati alcuni identificati, altri interrogati. La rivincita: quei passeggeri israeliani alla loro uscita hanno trovato i miei amici con i manifesti rossi della mia faccia “FREE PALESTINE”.

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